Il Jordan Bike Trail è un percorso ciclabile di 730 km a fondo misto che attraversa l’intera lunghezza dello splendido Regno Hashemita di Giordania. Partendo dal nord, a Um Qais, e terminando nel porto meridionale di Aqaba, attraversa un’impressionante varietà di meraviglie storiche e naturali.
Il percorso inizia con dolci colline, uliveti e fattorie nel nord; prosegue attraverso i drammatici canyon della regione del Mar Morto; serpeggia attraverso gli straordinari paesaggi di Dana, Petra e Wadi Rum, prima di sfociare nel Mar Rosso.
Raffaella Bonomi ci racconta la sua esperienza sul trail, come ha incominciato a viaggiare in bici e cosa vuol dire essere una cicloattivista.
Ascolta il podcast:
Trovi le tracce sul profilo Komoot di Ci Vado in Bici.
Leggi la trascrizione qui:
Francesco: Ciao e benvenuti su Bikepacking.it, la vostra risorsa per recensioni, itinerari, guide e tutto ciò che riguarda il mondo dei viaggi in bicicletta e gravel. Oggi siamo con Raffaella, che potete trovare su Instagram, che ci parlerà del suo ultimo viaggio in Giordania, ma anche della sua esperienza come divulgatrice e attivista per il mondo della bicicletta. Ciao Raffaella!
Raffaella: Ciao a tutti e tutte, sono Raffaella. Sono un’attivista ciclistica e una viaggiatrice in bicicletta. La bici rimane sempre il mezzo, ma come attivista ciclistica la uso per spostarmi in città, per fare tutto quello che la vita quotidiana mi richiede. E poi l’ho scoperta anche come strumento per le mie vacanze, quindi viaggio in bicicletta.
Francesco: Come ti sei avvicinata a questo pazzo mondo della bici? Sia in città che in viaggio? Qual è stata la scintilla che ha fatto partire la tua vita su due ruote?
Raffaella: Se rimetto insieme i pezzi del puzzle della mia brevissima vita, mi rendo conto che la bicicletta è un mezzo che più o meno mi ha sempre corteggiata. La utilizzavo già quando vivevo con la mia famiglia e all’università per spostarmi nella città in cui studiavo.
Raffaella: Quindi, la bicicletta mi ha sempre corteggiato. Diciamo che la scintilla è stata sicuramente la mia famiglia, perché provengo da una famiglia di cicloturisti nel senso più classico del termine. I miei genitori avevano già fatto dei viaggi in bici, quindi possedevo già un’attrezzatura base per viaggiare in bicicletta.
Inoltre, mio padre faceva bike to work, e quando l’esempio conta più di mille insegnamenti verbali, un giorno mi sono detta: “Perché no? Perché io no?”. E così ho provato a fare bike to work e da lì non ho più smesso. Quindi, diciamo che sicuramente la famiglia è stato un tassello importante nel mio mondo bici.
Francesco: Una domanda che spesso viene posta o che comunque è presente è quella di iniziare a viaggiare in bicicletta e magari anche di andare in bici prima. Di solito, almeno da quello che abbiamo visto noi, c’è sempre un problema di logistica, ma che a volte nasconde o emerge più di quanto non faccia la vera sfida che è un po’ la motivazione e la paura. Quando mi ricordo del mio primo viaggio, la prima volta che sono andato a dormire fuori in tenda da solo, per usare un eufemismo, ero terrorizzato. Questa sensazione non è mai del tutto scomparsa, ma l’abitudine ha fatto il suo. Quindi, raccontaci come è stato il tuo primo viaggio se anche tu hai vissuto queste cose, nonostante il modello familiare che magari ti ha aiutato un po’ di più a fare questo primo passo.
Raffaella: Sì, da giovane ero scout, quindi avevo un po’ di esperienza di outdoor. Abbiamo fatto un ciclo viaggio in Olanda in bicicletta. Una follia! Affittammo le bici con il freno contro pedale super verticale sulla Sel. Un disastro! Il mio primo ciclo viaggio da sola è stato da Brescia a Vienna. Usavamo una bicicletta media normale con portapacchi posteriore. Il peso totale, più bagagli, era di trentasette chili. Ancora non mi agganciavo ai pedali, ma con i sandali. È un viaggio che porto nel cuore. Era tutto totalmente nuovo e incantato per me.
Raffaella: La paura c’è, ma va affrontata. Il mio consiglio è quello di partire con un percorso sicuro, come ho fatto io. Ho scelto un tragitto in Europa, in un’Europa più o meno bike friendly: ho percorso un pezzo d’Italia del Trentino Alto Adige, poi l’Austria. Ho studiato bene il percorso, su Ciclabili ho fatto la ciclabile dell’India e poi quella del Danubio. Quindi ero su percorsi ben attrezzati e sicuri.
Questo è sicuramente il consiglio che do: non avventurarsi la prima volta in un viaggio molto avventuroso. La verità è che non mi sento di dare grandi consigli, se non quello di partire, perché è solo mettendosi di fronte alla necessità e al desiderio che si può creare il proprio settaggio, piuttosto che un’idea di viaggio ideale unica e assoluta.
Raffaella: Ognuno ha il proprio modo di viaggiare, ma finché non ci esponiamo alla necessità e al desiderio, non troviamo mai soluzioni. Prima dobbiamo affrontare i problemi, poi trovare le soluzioni.
Francesco: Molto vero e saggio. Di recente abbiamo fatto un sondaggio su Instagram di bikepacking.it, chiedendo qual era il primo consiglio per chi inizia a viaggiare in bici. A parte alcuni consigli più tecnici su vestiti e attrezzature, il primo consiglio di tutti è stato quello di buttarsi. Probabilmente è questo che trattiene la maggior parte delle persone.
Francesco: Instagram ha mostrato che persone di ogni tipo, con diverse fisionomie, possono prendere una qualsiasi bici e partire. Tu ultimamente hai fatto un viaggio più avventuroso della Ciclabile del Danubio, il Jordania Bike Trail.
FRaffaella: A gennaio del 2003 ho fatto parte del Jordan Bike Trail. Non viaggiavo da sola, ma in coppia con Paolo. Era la mia prima volta. Ho caricato la bici sulla stiva dell’aereo e abbiamo iniziato il viaggio da Amman, la capitale della Giordania, saltando la città e andando direttamente a Madaba, sotto Amman. Abbiamo seguito i gpx ufficiali del Jordan Bike Trail, anche se abbiamo dovuto ritagliarli e ricucirli in base alle nostre esigenze. L’arrivo è stato ad Aqaba, la città sul Mar Rosso, al confine con l’Arabia Saudita, da dove abbiamo ripreso l’aereo.
Raffaella: Abbiamo trascorso dieci giorni in Giordania, percorrendo circa 500 km e 7000 metri di dislivello. Abbiamo pedalato per circa sette giorni, ma abbiamo fatto una sosta a Petra, quindi abbiamo visitato Petra senza pedalare.
Francesco: Quali sono state le tue impressioni rispetto a un viaggio in Europa Occidentale, un po’ più protetto?
Raffaella: La prima cosa che posso dire è che in Giordania non c’è una cultura ciclabile o ciclistica. La ricchezza economica e culturale è in crescita, ma non esiste una cultura della bici o piste ciclabili. Il Jordan Booktrailer si snoda su strade sterrate, lontane dalle arterie principali della nazione. Sicuramente è stato uno dei primi viaggi.
Raffaella: Il fondo conta eccome. E perché no? Ovviamente, il fatto che non ci sia una cultura ciclabile è sicuramente sinonimo di avventura, nel senso che si fa qualcosa che quella nazione lì non ha. E quindi viene visto come qualcosa di strano? No, le persone sono molto incuriosite quando ti vedono pedalare attraverso la Giordania, un’aura di esotico.
Raffaella: Sicuramente non sei in Germania o in Austria, dove sono abituati a vedere persone che pedalano. In Giordania, invece, è qualcosa di molto raro. Inoltre, rispetto all’Occidente, è un Paese molto tranquillo. Non ho mai sentito alcun pericolo, ma è sicuramente un Paese povero, quindi bisogna essere pronti ad affrontare situazioni che, per esempio, in Europa non ci sono.
Raffaella: Viviamo un benessere economico in tutta Europa, ma ci sono anche situazioni di degrado e di degrado materiale. Si vedono nei villaggi, soprattutto in quelli dove non arriva il turismo tradizionale. È chiaro che la bicicletta è la carta vincente.
Nel senso che non si va solo ad Amman, Petra, Cabaye Mar Mar Rosso o al Mar Morto. Quando si copre una distanza, si attraversano zone fuori dal turismo. Ho notato che ci sono molti bambini e ragazzini, talvolta aggressivi, che ti rincorrono o mettono le mani sulla bici e chiedono soldi.
Anche se non ho viaggiato molto fuori dall’Europa, devo dire che sono sempre molto ingenuo e innocente. Comunque fa un certo effetto.
Francesco: Certo.
Raffaella: Inoltre, ovviamente, la Giordania è un paese musulmano. Qui, come donna, posso dire che c’è pochissima rappresentanza femminile. Se vado al supermercato, al ristorante o in aeroporto, c’è sempre un uomo. Quindi, come donna, mi sento sempre più presa di mira rispetto a Paolo. A volte, i ragazzi si sono interessati di più alla mia bici che a quella di Paolo. Naturalmente, non è sempre così.
La Giordania ha un panorama geografico che in Europa non esiste. Si tratta di un clima semi-arido, quindi un paesaggio che non avevo mai visto prima. Questo è sicuramente un vantaggio e il fatto di essere lì con la propria bici riempie davvero il cuore.
Francesco: Quale paesaggio è più comune in Kyrgyzstan: desertico o roccioso? Non l’ho mai visto in chiesa.
Raffaella: Sicuramente desertico. La Giordania si sviluppa su altipiani che non scendono mai sotto i mille metri. Sono separati da quelli che chiamano Wadi, che sono gole che raccolgono l’acqua durante la stagione delle piogge. Cercano di pompare l’acqua sui versanti vicini al fondo dei Wadi e coltivano ulivi, fichi e qualche pomodoro. La Giordania è un paese che importa, quindi non vedi molto verde.
Raffaella: Vedi, nel Deserto c’è sicuramente molta roccia. Infatti, questi vasi sono tutti in pietra.
Francesco: Come sono i cani della Giordania?
Raffaella: Sono pazzi. No, più che altro sono davvero tanti.
Francesco: Molti?
Raffaella: Moltissimi, ovunque. Quindi, non abbassare mai totalmente la guardia durante le discese.
Francesco: Perché magari c’è un cane che ti segue?
Raffaella: Che ti segue, ma soprattutto che arriva da entrambi i lati. Se stai scendendo, potresti non vederli, ma arrivano a velocità impressionante e ti attaccano. Sono cani territoriali, quindi difendono il loro territorio. Ma, a causa della velocità, possono spaventarsi e attaccarti.
Raffaella: Noi abbiamo imparato a rallentare, e, se necessario, anche a fermarsi e spingere la bici a passo d’uomo. Alla fine, hanno paura. Il consiglio che posso darti è di simulare il gesto di lanciare una pietra e loro se ne andranno. Magari poi fai tre passi e ricominciano ad abbaiare. In sostanza, non sono pericolosi in assoluto, ma con la velocità sì.
Raffaella: Abbiamo incontrato solo tre persone in bici durante il trailer. Erano due uomini e una donna polacchi e un giorno la ragazza è stata attaccata da un cane mentre scendeva. È caduta a circa quarantacinque all’ora, ma non ha riportato rotture. Tuttavia, ha rotto il cambio. Si è dovuta arrangiare con un cacciavite per mettere la catena sul pignone. È stato il massimo della sfortuna.
Raffaella: Bisogna stare attenti ai cani randagi, soprattutto nelle periferie delle città o dei villaggi, dove c’è molta sporcizia e quindi cibo per loro. A volte è incredibile: mentre si pedala, si vedono tre, quattro, dieci cani.
Francesco: Dio, è il mio incubo. Anche se io sono leggermente cinofobico, non ho mai incontrato un branco di cani. Ricordo però che una delle prime volte che sono stato via in bici, avevo questo pensiero fisso. Ho visto un video su come trattare con i cani in bicicletta.
Raffaella: Sostanzialmente, loro dicono che a meno che tu non sia in discesa, non li supererai mai in velocità. Quindi, scendi dalla bici e usala come scudo. È importante non farsi circondare. Io l’ho fatto solo con un cane una volta. Non so se riuscirei a resistere con dieci o venti cani.
Raffaella: Non tutti attaccano, ma magari tre, quattro da una parte e due dall’altra. Usare la bici come scudo è fondamentale, perché loro ti vedono e questo rappresenta una protezione. Nei primi giorni, abbiamo affrontato tutto con molta più premura e cautela. Poi, come tutte le cose, non ci si pensa più.
Francesco: Guarda, Paolo è stato molto più premuroso di me con i cani. Io, al terzo o quarto giorno, non scendevo più dalla bici. Andavo piano e dicevo: “Vedrai che non ti attaccano”. Lui scendeva e diceva: “Lo faccio per te perché so che hai paura”.
Francesco: Sì, certo. La classica scusa.
Francesco: Tu ci hai detto prima che sei un ciclo turista ma anche ciclo attivista. Ultimamente, il problema della sicurezza in bici sta emergendo di più a livello di mass media. Quindi, immagino che sia importante per tutti quelli che ci stanno guardando o ascoltando. A Milano c’è Abbracciami e altre manifestazioni. Volevo sapere cosa si può fare per promuovere la sicurezza sulla strada e l’uso della bici anche in contesti in cui non c’è la possibilità di formare gruppi.
Raffaella: Domanda difficile. Perché no? Perché le strade che non prevedono la sicurezza delle persone in bicicletta sono il primo ostacolo perché la gente non va in bici. E io che uso la bici parecchio, eh? Nel mio bike to work, le strade sono brutte da questo punto di vista. A volte mi chiedo perché lo faccio. A volte mi viene da gettare la spugna perché le ingiustizie sono all’ordine del giorno e a volte non sai dove trovare le energie per riprendere la bici un’altra volta.
Raffaella: Sicuramente fare rete aiuta molto a non sentirsi soli. So che non sono l’unica cristiana che va a lavorare in bici, ma so che lo fa Paolo, che lo fanno i miei amici e che c’è un ragazzo che parte dal quartiere dopo e va fino lì. Sicuramente creare una rete di persone che usano la bici nel quotidiano aiuta e aiuta anche a intessere relazioni che potrebbero diventare qualcosa di più.
Raffaella: Qui a Brescia, nel 2003 insieme a Bergamo, siamo state Capitale della Cultura all’inizio di dicembre, con tutte le associazioni e Fiat Legambiente, quindi sensibili al tema Bce, Ambiente, Freddo, Sporcizia e Brescia. Abbiamo raccolto le firme per una campagna chiamata “Brescia al passo coi tempi” e l’abbiamo consegnata all’amministrazione comunale per chiedere un centro storico a misura d’uomo, con la pedonalizzazione di tutto il centro storico, lasciando spazio alle persone e togliendolo alle auto.
Raffaella: Perché poi esistono delle amministrazioni che fanno sempre un po’ la botte piena e la moglie ubriaca, quindi questo è importante da far passare, nel senso che sia le amministrazioni un po’ timide, sia quelle più coraggiose, abbiano appoggio e si chieda di più. E in caso contrario, si faccia grande opposizione. Quindi, da queste relazioni possono nascere delle realtà interessanti. Da questo punto di vista, io partecipo anche tutti i mesi alla Critical Mass Brescia, che non è un’associazione, ma un ritrovo spontaneo di persone in bici.
Raffaella: Facciamo nell’ora e dieci chilometri in cui occupiamo le strade in maniera pacifica e festosa. Però ci facciamo vedere, facciamo sentire la nostra presenza e dimostriamo che ci siamo anche noi.
Raffaella: Non è semplice, ma non è impossibile. Non succede tutto subito, ma secondo me stiamo andando nella direzione giusta. Se vogliamo migliorare la qualità della nostra vita su questo pianeta, dobbiamo prendere in considerazione non solo se ci piace andare in bici o meno, ma anche se ci conviene. Se è più veloce ed economico, allora è più conveniente.
Raffaella: Quindi, se vogliamo fare qualcosa, dobbiamo andare oltre al solito gruppo di quattro amanti della bici.
Francesco: Questo è molto vero, e rappresenta anche un riassunto di tutta la sinistra italiana in rete.
Raffaella: Beh, sì. Quindi, cosa possiamo fare? Non si può mettere d’accordo tutti. Se vogliamo dare spazio alle persone, dobbiamo togliere le auto. Punto. Ma sì, le ciclabili in sede propria non bastano. Dobbiamo pedonalizzare tutto, creare sensi unici e avere centinaia di bici dappertutto. Ho visto un documentario di Colville Andersen su Copenaghen.
Raffaella: Ricordo che diceva che il nove percento della popolazione usa la bicicletta. È una percentuale bassa, ma lo fanno sia per motivi ambientali che perché è sicuro.
Francesco: Più è sicuro e più veloce.
Raffaella: Un tubino, eccetera eccetera.
Francesco: Sì, sì, ma no. Non so se sei mai stata a Copenaghen.
Raffaella: No, invece no. L’ho fatta a piedi. Perché l’ho fatto un po’ di anni fa e, oltre al fatto che è molto difficile, ieri sono andato in bici. Ma andare in bici è fuori di testa. Mi sembra di essere su un’autostrada di bici. È assurdo, ma non dimenticherò mai che stavo andando così. Poi un po’ di turismo, ma quando mi guardo intorno vedo che erano le vecchiette che mi superavano andando a ventisette all’ora. Stava facendo un wattaggio incredibile. Beh, non in bici elettrica. E ho visto che sono tutti così, nel senso che, poiché gli esseri umani sono stupidi, alla fine, se ripeti, ripeti e ripeti, diventerà una laurea. Cioè, alla fine, a livello di massa.
Raffaella: Noi siamo scemi adesso, non abbiamo bisogno di motivazioni vere e profonde, del fatto che se viene ripetuto, ripetuto, ripetuto, arriverà.
Raffaella: Così,
Francesco: Solo che, come dici tu, se le amministrazioni danno importanza al traffico su macchina, diventa importante per il loro elettorato. Cioè, prende importanza, perché gli danno importanza un po’ ed è una cosa fallimentare, ma era fallimentare concettualmente. Ma poi ci sono i fatti di Amsterdam, di Copenaghen e lì sono come vivi tu, sono al massimo.
Raffaella: Basta anche guardare le piccole sperimentazioni che sono state fatte. Vabbè, io vedo Brescia, io vedo negli ultimi dieci anni il nostro centro storico è stato molto rivalutato e mi piacerebbe veramente perché dopo sono cose a cui penso: “Beh, chi se ne frega”. Tutti quei commercianti che stanno adesso in una zona pedonale e che prima era aperta al traffico. Come è migliorata la loro attività? Perché io di attività che hanno chiuso per le pedonalizzazioni non ne conosco. Anzi, a Brescia avevamo un centro commerciale con parcheggio attaccato alla stazione che ha chiuso definitivamente dopo anni di attività.
Raffaella: Quindi, ci si faceva il liceo dopo quindici anni di attività. Comunque, Sala è chiusa, ma c’è la multisala al McDonald. Inoltre, negozi e centro storico hanno aperto due su uno, ristrutturato, e due supermercati sono stati aperti nel centro storico. La gente ci vive, la gente lo abita, quindi l’auto non è tutto.
Raffaella: Ma noi non siamo come loro. In termini di ciclabilità, non siamo messi male, ma siamo sempre utente B. Comunque, la mattina quando ti muovi, ci sono tante auto che entrano in città. E c’è sempre quella sensazione di essere in mezzo a qualcosa che non ti vuole bene.
Francesco: Per essere occupato presto.
Raffaella: Sì, c’è molta aggressività da questo punto di vista. Tantissima. Non so neanche più quale atteggiamento adottare, perché una volta era aggressivo. Forse non serve essere aggressivi, forse è meglio diventare più pacifici, ma a volte perdi le staffe.
Raffaella: Non voglio il tappeto rosso, ma anche io lavoro con la stessa fretta che hai tu.
Francesco: Sì, sì, no, ma il problema è che questo si risolverà solo con un intervento pubblico.
Raffaella: Sì.
Francesco: Se siamo al punto in cui siamo adesso, non possiamo più fare molto. Ma facciamo finta di essere sei anni fa. Non arriverà Elon Musk a risolvere la questione delle bici? No. Dovrà essere un’entità pubblica, statale, comunale, provinciale, eccetera, eccetera.
Francesco: Il problema è che, almeno come l’ho visto io, nella mia città e nelle altre città che ho visitato, finché non c’è l’interesse, nel senso finché non c’è la voglia di conquistare quel punto, nessuno si muove. Quindi, la società civile, le associazioni, i collettivi come la Critical Mass, sono importanti. Perché applicano una pressione, una pressione che altrimenti chi deve prendere decisioni non sentirebbe.
Raffaella: Infatti, sono molto contenta di Milano. Devo dire che a Milano stanno spingendo tantissimo, e Milano è la capitale economica del Nord Italia, quindi sentiamo la sua influenza tantissimo. Quindi, ci sarà l’effetto sasso nell’acqua.
Francesco: Grazie a Raffaella per essere stata con noi e averci raccontato del suo viaggio in Giordania. La sua attività di ciclo-viaggiatrice e ciclo-attivista la potete trovare su Instagram. Se cercate una risorsa per capire come iniziare a viaggiare in bici, potete andare su blake.it e trovare la guida per fare il vostro primo viaggio in un comodo PDF. Ciao Raffaella e grazie ancora.
Raffaella: A te e ciao a tutti. Ci vediamo sulle strade del mondo.