Abbiamo discusso a lungo in redazione se scrivere un articolo specifico per l’8 Marzo, “la festa delle donne”.
Ci siamo domandati della opportunità di scrivere un articolo a tema da una prospettiva per forza maschile.
Ci siamo domandati a chi chiedere tra conoscenze, amicizie online e “IRL” non-maschie per scrivere un articolo.
E poi la domanda delle domande: su cosa?
Perché ci sono o sembra che ci siano meno donne che uomini nel mondo gravel/bikepacking/bici? E sul restante spettro dell’identità di genere?
Capisci subito che stavamo entrando in un ginepraio sociologico per cui, francamente, non abbiamo gli strumenti adatti per affrontarlo o offrire soluzioni che non siano all’acqua di rose.
È un ginepraio non perché scomodo, ma perché è effettivamente molto complicato.
Possiamo forse mettere la causa di questa predominanza maschile in una singola o in una serie di singole situazioni? Probabilmente no. O probabilmente sì, ma non colpiremmo il centro della questione comunque.
La risposta a cui stiamo girando attorno è sicuramente il patriarcato, cioè quell’insieme di consuetudini, usanze, sistemi economico-sociali etc. che hanno creato una situazione di squilibrio generale, in cui noi uomini possiamo fare sostanzialmente tutto quello che ci pare, mentre chi non è come noi ha dei freni e ostacoli.
Però anche questa è una risposta/nonrisposta perché poi c’è il rischio di usare la parola “patriarcato” come lo spauracchio, il mostro senza volto a cui demandiamo tutti i problemi. Troppo grande da risolvere, quindi non affrontabile.
Cosa c’entra tutto questo con la bici e i viaggi in bici?
In realtà, molto.
Il ciclismo, cicloturismo o come lo vuoi chiamare non è un’attività sportiva/ricreativa come le altre. Condivide con alcune discipline il bisogno di focus mentale, preparazione, un minimo di nerdismo per la meccanica, ma ha al suo centro un cuore pulsante che è quello della scoperta.
Se riesci a rievocare alcune nozioni delle superiori, l’attività di andare in giro in bici e scoprire nuovi posti è più di quello che si avvicina al sublime. Nel romanticismo il sublime era quella sensazione quasi ascetica ma profondamente corporea, quasi orgasmica, che avvicinava l’essere umano alla dimensione più spirituale e assoluta del divino, cioè la natura.
E’ una sensazione che abbiamo, penso, avuto tutte e tutti in sella durante un viaggio, che magari poche volte abbiamo condiviso, ma che ci accomuna e ci spinge a farlo di nuovo.
Il bikepacking è alla fin fine una ricerca di qualcosa di sfuggente. Ed è magnifico, arricchente e sicuramente cambia la vita delle persone.
E allora l’invito che cogliamo l’occasione durante questa giornata di fare è quello di condividere attivamente questa esperienza con tutte e tutti a prescindere da come sono fatti o da dove vengano.
Questa forse è la prospettiva dell’apertura del nostro mondo, magnifico, di cui abbiamo bisogno.
Niente pacche sulle spalle paternaliste, solo condivisione.