Fabio Barboni ci porta attraverso la ciclabile dell'Alpe Adria, nell'Austria di Mozart e di paesaggi fiabeschi.
Testo e foto di Fabio Barboni
Ci sono viaggi che vengono sognati per anni, altri per mesi, tutti preparati minuziosamente in ogni dettaglio. Poi ci sono quelli, come questo che vado a narrare, che nascono da una telefonata fatta per caso, a un giorno dalla partenza, e non stiamo parlando di semplice overnight sui monti di casa ma di una 3 giorni oltre confine a mille chilometri da casa a conferma che alla fine quello che conta è partire all’avventura.
È mercoledì mattino, ho organizzato impegni di famiglia e lavoro e posso permettermi una piccola uscita in bici. Mentre aspetto il mio compagno di uscita, scorrendo il feed di Facebook, compare un “ricordo” dell’anno precedente quando con il mio amico Andrea mi ero recato alla Jeroboam 300. Peccato mi dico, quest’anno non potrò partecipare. Da lì il pensiero viaggia veloce e rifletto che è quasi un anno che non sento Andrea (c’eravamo visti di sfuggita al BAM ed era solo di passaggio e senza bici); scorro la rubrica e lo chiamo senza pensarci troppo. Andrea è uno di quelli che mi piace perché ti risponde sempre ed io apro la conversazione così:
“Amico mio che facciamo quest’anno!? niente giro settembrino?”
e lui risponde: “Io il prossimo fine settimana mi sono organizzato per andare in Austria e fare la ciclabile Alpe Adria, sono 400 km da Salisburgo fino a Grado e ho un giorno di ferie”.
Rimango in silenzio mezzo secondo ma poi gli dico che ci sto! La sera stessa era tutto organizzato, anche se alla fine casa – Salisburgo sono solo 900 km!
Giovedì sera ,dopo lavoro, carico la bici e le borse, l’appuntamento è per le ore 18:00 ad Ancona. Alle ore 1:00 di venerdì siamo ad Udine e per dormire abbiamo la comodissima tavola di legno grezzo appoggiata sui sedili posteriori, non imbottita, con cui Andrea afferma di aver “camperizzato” il suo Traffic.
Alle ore 6:00 del mattino di sabato, dopo aver dormito due ore scarse, siamo alla stazione di Udine, approfittiamo del McCaffè per fare colazione e subito dopo siamo in viaggio verso Salisburgo. Alla stazione, dovendo fare i biglietti speciali dato un cambio a Villach con i treni Austriaci, ci dicono che possiamo farli sul treno e scopriamo che è effettivamente così, mentre in Austria ci spiegano che avremmo dovuto prenotare. Questo perchè essendo molti cicloturisti, senza prenotazione non è garantito il trasporto della bici e si rischia di essere scesi dal treno.
Con molto stupore, sia in stazione ad Udine che poi a Villach, noto moltissime bici da turismo.
Infatti sono numerosi i tedeschi e gli austriaci in rientro verso casa dopo il loro viaggio Germania – Italia, sopratutto con ormai l’e-bike che, oltralpe ha quasi soppiantato la bici tradizionale.
Sul treno facciamo conoscenza di un simpatico cicloviaggiatore di Udine dal nome rivoluzionario Fidel, che sorridendo ci spiega l’attivo impegno politico dei genitori a giustificazione del suo nome. Scambiamo due parole e ci fornisce alcuni spunti per un futuro giro in Slovenia dove è diretto. Lo salutiamo a Villach.
Da Villach a Salisburgo il viaggio prosegue in mezzo alle valli splendide della Carinzia prima e della regione di Salisburgo poi. Le nostre bici nella tratta italiana erano ammassate in una sorta di carro bestiame, in quella Austriaca sono riposte in un vagone dedicato con rastrelliera con tanto di seggiolini a molla per chi non volesse lasciare il proprio mezzo incustodito durante il tragitto. L’arrivo a Salisburgo è fissato per le 12.40 e alle 12.40 (dato che il treno è austriaco) siamo in stazione, usciamo velocemente e ci dirigiamo in centro, abbiamo solo 48 ore per completare la ciclabile, in totale sono 405 km con 2.600 metri di dislivello (3.000 circa in senso opposto ) in un percorso misto di ciclabili asfaltate per un 45%, gravel 35% e 20% di strade secondarie.
Il biglietto del treno in un giorno di sole settembrino, vale da solo lo spettacolo dei panorami che si possono osservare e che già ti fanno pregustare il viaggio a due ruote.
Le nostre bici nella tratta italiana erano ammassate in una sorta di carro bestiame, in quella Austriaca sono riposte in un vagone dedicato con rastrelliera e con tanto di seggiolini a molla per chi non volesse lasciare il proprio mezzo incustodito durante il tragitto. L’ arrivo a Salisburgo è fissato per le 12.40 per cui puntualissimi, alle 12.40 (dato che il treno è austriaco) siamo in stazione. Usciamo velocemente e ci dirigiamo in centro, abbiamo solo 48 ore per completare la ciclabile, composta da 405 km con 2.600 metri di dislivello (3.000 circa in senso opposto) in un percorso misto di ciclabili asfaltate per un 45%, gravel 35% e 20% di strade secondarie.
Viaggiamo abbastanza leggeri e le nostre bici, due Specialized Diverge, montano rispettivamente copertoni Pathfinder da 38mm e Sawthoot da 42mm.
Sono caricate con tenda, sacco a pelo, un cambio per la notte, anti-acqua, camere d’aria e kit di riparazione. Ad ogni modo non preoccupatevi, sul percorso incontrerete ogni cinque/dieci km un negozio di bici, specialmente in Austria. Anche se doveste scegliere di viaggiare in e-bike, sono presenti vari punti di ricarica, come ovviamente molti punti di ristoro, lungo tutta la ciclabile che vanta circa 10.000 presenze annue.
Tornando al viaggio, dopo un brevissimo giro nel centro di Salisburgo per un selfie davanti alla casa di Mozart, l’acquisto di due calamite per la moglie a casa e la degustazione di due palle di Mozart, ci mangiamo due mega Bretzel per pranzo e alle 13.30 siamo già pedalando veloci sulla ciclabile che costeggia il fiume Salzach che ci accompagnerà sulla nostra destra sino al centro abitato di Golling.
A Golling attraversiamo il fiume Salzach e lasciamo la valle fluviale e la pianura per addentrarci verso la gola che conduce a Bad Gastein, dove il primo tratto sale molto dolcemente fino all’abitato di Bichosofhen per circa 80 km.
Da li poi iniziano le vere pendenze che in alcuni tratti diventano molto ripide ma il tutto in un ambiente fiabesco.
In questi 20/30 km che separano Bichosohen da Bad Gastein si concentra gran parte del dislivello complessivo (circa 1000 metri), difatti il vero osso duro del giro (ma per gente allenata nulla di trascendentale) rimane l’ultimo tratto poco prima di Bad Gastein, la nostra meta del giorno, dove arriviamo in serata dopo circa 100 km, affrontando una salita ripida con 400 metri di dislivello da fare tutti di un fiato. Arrivati in centro città rimaniamo rapiti dalla cascata che è proprio al centro del paese, che è costruito intorno ad essa come ad abbracciarlo, tutto inerpicato in mezzo alla gola rocciosa.
Da Bad Gastein ci accingiamo a raggiungere il piccolo abitato di Bockstein poco più alto dove l’unica via per proseguire è la stazione della ferrovia da cui parte un unico treno che percorre un tunnel di circa 15 km sino a Manlitz e permette di attraversare le montagne che separano la regione di Salisburgo dalla Carinzia.
A Blockstein ceniamo in un ristorante, l’unico qui (se potete fermatevi a Bad Gastain), è il primo vero pasto dopo la colazione del mattino e il Bretzel a pranzo, siamo affamati e non riusciamo a comprendere assolutamente nulla del menù in tedesco e l’inglese della proprietaria non è il massimo. Ordino cotoletta di pollo e patatine fritte, ma arrivano un mezzo pollo fritto accompagnato da patate lesse, cetrioli e lattuga senza condimento ma accompagnato da una marmellata di ribes. Data la fame, ripulisco dalle verdure anche il piatto di Andrea che non aveva apprezzato molto il mix cetrioli e dopo aver pagato, raggiungiamo la stazione per l’ultimo treno delle 22.00 che ci porterà avanti nel percorso.
Dopo circa 15 minuti di treno, arriviamo a Manlitz e ci accorgiamo che fa veramente freddo. La sala d’aspetto della stazione è il sogno del bikepacker: deserta, silenziosa, dotata di tavolo e bagni pulitissimi.
Alle cinque del mattino ci svegliamo, risistemiamo l’attrezzatura e poco prima dell’alba ripartiamo, asciandoci dietro questo bellissimo paesino in mezzo alle montagne del Parco Nazionale dell’Hohe Tauern per scendere a valle velocemente. Pochi minuti dopo, sfrecciando veloci per un passo alpino stupendo e addormentato in mezzo alla nebbia della valle, raggiungiamo l’abitato di Obervallach dove secondo le nostre intuizioni avremmo gustato una bella e nutriente colazione.
Purtroppo l’idea di fare una bella colazione alle 6 del mattino come in ogni città Italiana, viene subito spezzata, come pure quella di fare colazione alle sette e alle otto. Quindi seguendo la ciclabile lungo il fiume Moll verso le 8:30 dopo 50 km e qualche mela rubata nelle campagne, affamati come due lupi siberiani in inverno, ci rechiamo nel primo e unico posto utile a reperire del cibo prima della 9 del mattino: un BILLA (supermercato).
Proseguiamo veloci, lasciamo la valle del Moll e seguiamo quella del Drava sino a Villach dove arriviamo per l’ora di pranzo, abbiamo anche molta fame ma il confine è vicino e nonostante circa 100km percorsi, concordiamo con il fatto che non sia il caso di spendere ulteriori euro in cibo Austriaco ma di tornare nei patri confini e mangiare un pasto decente. Ad ogni modo non lesiniamo uno spuntino con l’unico vero pasto per cui valga la pena attraversare il confine austriaco: Strudel di mele con gelato; ne rimediamo uno veramente ottimo che riesce a rendere gradevole il non eccellente cappuccino d’accompagnamento.
Villach meriterebbe una visita più lunga, ma abbiamo tempi stretti, ce la lasciamo alle spalle e ci immettiamo in uno dei tratti più belli della ciclabile, uno sterrato ben battuto che costeggia il fiume Gail in mezzo ad un bosco di conifere, da qui in poi incontreremo sempre più ciclisti.
Il paesaggio che ci attende fuori città è molto più selvaggio del precedente, ricorda molto il Nord America, con ponti sospesi che attraversano il fiume Gail che scorre celeste e impetuoso alla nostra sinistra. Da lontano vediamo il Wunzerpass, che segna il confine con l’Italia, confine che attraversiamo alle 14:00 circa, dopo un breve tratto di statale e di smarrimento, quando ci dirigiamo verso la dogana abbandonata con un pò di difficoltà ritroviamo il tratto Italiano della ciclabile, che inaspettatamente appare subito veramente ben costruita.
Difatti troviamo una lingua di asfalto ben messa con linea di mezzeria per regolare il doppio senso di marcia tutta a misura di bici, ricavata per questo tratto sino a Resiutta sulla vecchia ferrovia Asburgica, (ci sono altri chilometri fino a Venzone ancora in fase di completamento). A Tarvisio approfittiamo per il pranzo, mangiamo un’ottima pizza Napoletana che dopo oltre 100 km e la pessima colazione della mattina ci sembra ancor più buona, proseguiamo spediti sulla ciclabile in una dei tratti più panoramici e stupefacenti di tutto il percorso. Da qui in poi è tutto un susseguirsi di tunnel illuminati a led, ponti sospesi, ponti della vecchia ferrovia, cascate e sopratutto una serie di ex stazioni del treno trasformate in bar e B&B per cicloturisti.
Una molto bella ad Ugovizza ed una a Chiusaforte. Durante questo tratto degno di nota è il passaggio a Pontebba dove sino al 1918 vi era il vecchio confine con l’Austria e dove ancora oggi vi è il ceppo di confine. Spingendo sui pedali un pò più forte e riguadagnato terreno, arriviamo in serata nel bellissimo borgo di Venzone con le sue splendide mura e costruzioni in Pietra. Facciamo una breve pausa in quanto sarebbe dovuta essere la nostra tappa al Km 300 della ciclabile e Km 200 del giorno, ma abbiamo ancora luce e decidiamo di aggiungere altri 10 km verso Braulins che è leggermente fuori traccia ma dove possiamo finalmente cenare in una pizzeria che ci era stata consigliata da gente del posto e riposare dietro un distributore di benzina poco distante in tutta tranquillità.
Anche questa sera siamo fortunati, troviamo un fazzoletto d’erba riparato su su tre lati con vicino una fontana potabile e un bagno, praticamente un campeggio gratuito. Tutto perfetto se non fosse le per il campanile che ogni mezz’ora con i suoi rintocchi ci ha tenuto svegli tutta la notte. Ci alziamo alle 5 del mattino precise, prepariamo le bici e con le prime luci dell’alba attraversiamo il Tagliamento, direzione Udine.
Devo essere sincero il tratto Venzone – Udine è il più monotono, in mezzo a campi e con centri abitati ravvicinati tra di loro non è il massimo. Va detto anche che comunque il fondo è sempre gradevole sia su asfalto che nei tratti gravel, un pò di problemi iniziano con le indicazioni stradali in quanto a Udine la segnaletica installata dalla provincia, cozza con la nostra traccia GPS e ci perdiamo più volte, sia in entrata che in uscita dalla città.
Fortunatamente in uscita dalla città mentre siamo intenti ad armeggiare con GPS e Smartphone si avvicina un ragazzo con una bici identica alle nostre e che ci stava studiando da qualche minuto. È di Udine e si chiama Michele ed è reduce da una lunga serata mondana. Ci dice che era appena uscito per far girare le gambe qualche chilometro prima di pranzo e da li in poi sarà il terzo compagno del giorno. Prima si rende disponibile a rimetterci in traccia sino a Palmanova, poi pagata giustamente la prima birra del giorno decide di accompagnarci fino a Grado.
Da Udine a Grado, ultimi 50 km, la ciclabile è interessante, attraversiamo nell’ordine: Palmanova città fortezza dalla caratteristica forma di stella, Aquileia e le sue rovine romane, per arrivare infine in vista della laguna e superare il lungo ponte tra le acque che ci conduce sino a Grado.
Scendiamo dalle bici che è quasi mezzogiorno, giusto per l’ora di pranzo e nonostante le soste e il ritmo non proprio da cicloturismo imposto da Michele in mattinata chiudiamo i 405 km in sole 47 ore. Michele ormai è dei nostri e dato che siamo a Grado ed è mezzogiorno, ci indica un buon ristoro è rimane giustamente nostro ospite. Il viaggio parrebbe finito anche sarebbe necessario tornare indietro 10 km e prendere un treno per Udine, ma tuttavia convinco Andrea a ritornare prima ad Aquileia poi a Palmanova, per rifare una foto aerea.
Sono ormai le quattro di pomeriggio e abbiamo alle spalle oltre 460 km percorsi in poco più di 48 ore, non rimane che fare armi e bagagli e tornare verso casa, con le immagini della stupenda ciclabile nella mente, un mix di rammarico per aver fatto tutto troppo in fretta, un nuovo amico da spuntare sul profilo social e una storia da raccontare. Il viaggio di ritorno è lungo ma citando Kerouack dovevamo andare lontano ma che importa la strada è la vita!