Riccardo ci racconta il suo viaggio verso Oriente, fino ad Istanbul. Un'Oriente fatto di ospitalità ed emozioni, persone e paesaggi splendidi, un'Oriente che non è solo un punto cardinale ma qualcosa di più...
Testo, foto e video di Riccardo Chimenton
Sono Riccardo, mi sono appassionato al ciclismo all’età di 8 anni, in verità era una cosa che avevo dentro da sempre. Ho stampato in mente un ricordo indelebile, io da piccolo nel parcheggio dei palazzoni dove abitavo, tutti i bambini giocavano tra loro, lo sport più in voga da piccoli è sicuramente il calcio, mi ricordo i lunghi pomeriggi d’estate i bambini verso le 15 si trovavano tutti sotto l’albero posto al centro della piazzola, li si decidevano le squadre, li si decideva il tuo destino, essere tra i “fighi” e far parte della squadra forte o essere uno degli ultimi ad essere scelti; beh, il mio piede a banana non era a mio favore, quindi mi mettevo in disparte a cavalcioni sulla mia bicicletta blu e correvo, correvo come un matto ad ogni goal, esultavo anche io però a modo mio.
Ho quindi capito che la bicicletta doveva far parte di me, alla fine per una serie di circostanze all’età di 8 anni sono stato tesserato in una squadra, da lì ho cominciato a far gare, e così ho ottenuto i primi risultati, le prime vittorie, poi il passaggio di categoria, la pista, prima il campionato provinciale, poi quello regionale e infine sono salito sul gradino più alto nei campionati italiani; le cose mi venivano facili, mi divertivo, questa era la chiave.
Poi la scelta, o la scuola o la bicicletta, troppe ore di allenamento, troppe pretese, il divertimento stava via via svanendo e le categorie diventavano sempre più agonistiche, ho fatto la mia scelta, la appendo.
È inizio estate, le gare non mi mancano, mi sono tolto un peso, ma sento che mi manca il mio sfogo, decido quindi di provare a risalire in bici, senza le pressioni e riscopro la felicità di uscire in bici, la libertà che solo il vento che sfiora la pelle mi riesce a dare. Inesperto decido di partire per il mio primo viaggio in bici: attraversare l’Europa, 3.200 km di felicità, questo è ciò che voglio fare.
Concluso il viaggio, tutto ciò che ho attorno mi sta stretto, ovviamente un mese di “sano” vagabondaggio senza meta fa crescere in te gli istinti primordiali, ti senti un avventuriero venuto a scoprire nuovi territori. Così non appena tornato ho subito pensato ad un nuovo viaggio e circa un anno dopo sono ripartito. Questa volta, ne è passato di tempo dall’ultimo viaggio, quel viaggio lento e pesante che ha cambiato la mia percezione del mondo, beh, da quando sono rientrato a casa non ho fatto altro che pensare a quando potrò tornare ancora in bici, nel mezzo del nulla, nel silenzio, solo io e la bici, ormai sei la mia compagna Lady Blue.
Per un ciclista, solitamente, il rapporto con la propria bici è di amore e odio, beh, tra me e Lady Blue c’è sempre un tacito accordo, lei con la sua tenacia mi porta sempre ad ogni destinazione, io, non riesco mai a dirle di no.
Ho deciso così di ripartire, lasciare casa, lasciare tutte le mie comodità per un mese, destinazione Istanbul.
È il 14 Luglio, tutto è pronto, sono molto fiscale con queste cose, quando si avvicina la data scelta per il viaggio tutto dev’essere pronto, e mi sembra di tornare indietro nel tempo, a quando gareggiavo, l’ansia e le mille emozioni non mi fanno dormire la notte, è da mesi ormai che penso e ripenso ai posti che visiterò alle persone che incontrerò, mi faccio mille domande ed esausto dai mille pensieri crollo in un sonno profondo.
Oggi è il grande giorno, riparto, torno a vivere, torno a fare il nomade.
Il mio viaggio parte da Venezia, attraversa la Croazia passando per il Montenegro, seguendo così a ritroso la rotta dei Balcani, la rotta dei migranti Siriani, proseguendo per l’Albania, la Grecia per arrivare ad Istanbul in Turchia.
Sono entrato in contatto con diverse culture, ed ogni volta ne sono rimasto sorpreso, i miei pregiudizi sono andati in frantumi per far spazio ad un’accoglienza senza precedenti, la transizione è stata lenta ma molto interessante, mi sono sentito cullato dai Balcani e spinto dalle alpi albanesi come se volessero invogliarmi a scoprire, a vedere con i miei occhi e a farmi una mia idea senza filtri sulla realtà.
Ricordo quando in Albania mi sono trovato senza contanti, ero nei pressi del lago di Ohrid, avevo percorso circa 180 km con 4.000 mt di dislivello quel giorno, era stata una giornata torrida, ricordo che l’unico mio pensiero era mangiare e potermi fare una doccia per togliere tutto il sudore. Chiedendo informazioni scopro che nessuno nella zona accetta carte di credito, risalgo in bici e capito in un campeggio, il proprietario era un omone di due metri e dopo aver cercato di comunicare il fatto di non essere in possesso di contanti ricevo la sua risposta: “Niema problema”, al ché mi accampo, mi lavo e arrivo al piccolo ristorantino specificando ulteriormente che il mio unico modo di pagare è con la carta, alla loro risposta “we accept only cash” io sbianco, pesavo mi cacciassero, invece in quel momento arriva il proprietario e ripete la sua fatidica frase: “Niema problema”, mi fanno sedere e mi imbandiscono la tavola, non sapevo che fare, ero felicissimo, ero sorpreso, al mattino seguente mentre sto chiudendo la tenda mi viene in contro il proprietario del campeggio portandomi una brioches, lo ringrazio molto, moltissimo. Questo episodio mi ha fatto render conto di quanto genuine e semplici siano le persone di questi posti, hanno poco o nulla e il fatto di arrivare nei loro posti in bicicletta, con il minimo necessario ci mette sullo stesso piano dove l’umanità delle persone ha il sopravvento e succedono questi fatti che resteranno per sempre indelebili nella mia memoria. Ringrazio ancora il proprietario, il quale mi risponde anche questa volta: “Niema problema”, così riparto, il viaggio è ancora lungo, io con il sorriso stampato in faccia, sicuro di aver lasciato un pezzo di cuore a questo meraviglioso posto e a questa meravigliosa gente.
Questo viaggio è stata una delle esperienze più toccanti della mia vita, sono entrato in contatto con le popolazioni locali, stato ospite in un campo profughi di rifugiati iracheni in Grecia e accolto in un ostello Turco con dipendenti Siriani che lavoravano in attesa di continuare la propria migrazione verso l’Europa; ho attraversato luoghi incantevoli e paesaggi mozzafiato pedalando per giornate intere immerso nella natura più incontaminata, innamorandomi perdutamente della solitudine che solo un ciclista in sella alla propria bicicletta può provare.
Viaggiare in bicicletta fa avvicinare le persone, infatti in ogni dove sono sempre stato accolto a braccia aperte e da sorrisi smaglianti, sono sempre rimasto stupito dalla disponibilità delle persone che hanno poco o nulla, fin quasi a sentirmi in debito con le famiglie che mi hanno accolto; questi viaggi mi hanno reso più ricco tanto che ora mi sento cambiato, perché quello che era “il diverso” ora non mi fa più paura, anzi, mi incuriosisce!
Ho sempre pensato che arrivare fosse la cosa più importante, di correre il più possibile, macinare chilometri su chilometri e sfidare me stesso fino a sfinirmi per sentirmi libero, quando ho capito, invece, la cosa più importante era fermarsi, fare un respiro profondo, osservare e farsi coinvolgere da questa splendida gente.
Questa non sarà sicuramente la fine, la porta dell’oriente è proprio qui, basta spingere solo un po’ per spalancarla e continuare a sognare.