Viaggiare in tandem: condividere la fatica
A pensarci bene sono quindici anni che pedalo, ma solo cinque anni fa ho cominciato a pedalare sulle bici con le ruote “grandi”. Prima di allora pedalavo con quella che mia madre chiamava “la biciclettina”.
La “biciclettina” era in effetti una bicicletta di piccole dimensioni: aveva ruote da venti pollici, e una sella estremamente bassa e, a dirla tutta, su questa bici il pedalare era un aspetto del tutto marginale. Si trattava di una BMX.
Un bel giorno, quando cominciavo ad avere in tasca un numero rispettabile di “tricks”, mi sono rotto il crociato e da lì, piano piano, mi sono allontanato da quel mondo, ma – come si dice – quando una porta si chiude, si apre un portone.
Per una serie di circostanze, ho cominciato a pedalare con una gravel, la cosa mi è piaciuta e non mi sono più fermato. La situazione è poi sfuggita di mano quando all’amore per la bici ho unito la mia altra passione: viaggiare.
I piccoli e i grandi viaggi che si fanno in bicicletta mi riempiono di gioia e mi sorprendono in continuazione: “come è possibile che una cosa così semplice come muoversi nello spazio con un mezzo alimentato dalle tue energie possa dare tutta questa soddisfazione? E come è possibile che ci sia gente che NON faccia viaggi in bicicletta? Bisogna convertirli tutti!”.
Oltre a creare Strade Secondarie, ho pensato che qualche conversione facile potesse arrivare dalla mia più stretta cerchia di conoscenze. Ho deciso di cominciare con Flavia, la mia compagna. Sapevo che, per alcuni aspetti, le possibilità di successo erano buone: come me, anche lei apprezza la bellezza della semplicità di un orto davanti a una casetta di campagna, o l’apparente casualità con cui rocce, arbusti ed erbacce riempiono un paesaggio mediterraneo.
Per altri aspetti invece, la mia opera di conversione era una missione disperata. Al contrario di me, Flavia non è una ciclista e non ha nessuna simpatia per la fatica fisica; lei fa sport con lo stesso piacere con cui si beve una medicina amara. Si fa perché fa bene, ma meglio limitarsi al minimo indispensabile.
Capite che, se si tratta di iniziare qualcuno al viaggio in bici, queste non sono le premesse ideali e, ad essere sincero, per qualche tempo mi sono rassegnato all’idea che avrei condiviso questo tipo di esperienze con lei solo tramite le mie foto e i miei video.
Nei vari forum online, avevo letto che era cruciale avere affiatamento per poter pedalare in tandem: senza sintonia si rischiava infatti che la guida risultasse poco fluida, molto faticosa e di conseguenza poco piacevole. Alcuni raccontavano di aver deciso di vendere il tandem dopo poche uscite perché finivano puntualmente per litigare, spesso a causa di divergenze riguardo alla velocità da tenere in discesa.
Per fortuna, tuttavia, già alla prima prima guida ci siamo trovati ben allineati e in sintonia, e in ogni caso Flavia, quando ha paura, resta pietrificata quindi non c’è pericolo che mi urli nelle orecchie.
Dopo alcune uscite progressivamente più impegnative, abbiamo deciso che era arrivato il momento di imbarcarsi in un piccolo viaggio. Niente di epico o selvaggio, giusto un giro di qualche giorno per vedere fin dove ci potevamo spingere con il tandem e qualche bagaglio.
Fortunatamente, vivendo in Toscana, non avevamo che l’imbarazzo della scelta e la Val d’Orcia sembrava fare proprio al caso nostro: dislivelli contenuti, strade poco trafficate e soprattutto abbondanza di paesaggi mozzafiato per distrarci dalla fatica. Alla fine, tra un panino con pecorino e salsiccia a Pienza, una visita alle terme di Bagno Vignoni, qualche sterrato tra le colline e i cipressi, tre giorni sono volati.
Tutto è andato per il meglio, il tandem non ci ha dato problemi, le nostre gambe hanno retto bene e sia io che Flavia siamo stati entusiasti di questa esperienza. Eravamo pronti per qualcosa di più impegnativo.
L’occasione è arrivata quando Flavia mi ha proposto di andare in Grecia. Inizialmente l’idea era di esplorare il Peloponneso in macchina, ma, dopo un’estate di astinenza forzata dai viaggi in bici, io smaniavo di rimettermi per strada, quindi ho rilanciato con: “Perché non andiamo in tandem?”. Qualche settimana dopo pedalavamo tra la roccia e il mare della Grecia.
Siamo partiti da Patrasso, dove io sono arrivato con il traghetto partito da Ancona, e abbiamo proseguito verso est, costeggiando il Golfo di Corinto. La nostra meta era la regione dell’Argolide, il braccio di terra più a est del Peloponneso, dove si trovano alcuni dei siti storici più importanti della Grecia: Micene, Tirinto e il teatro di Epidauro, e dove la geografia del territorio sarebbe stata più clemente.
Ottobre era agli sgoccioli, e la stagione turistica era finita da un pezzo. Tante delle strutture erano già chiuse, e molti paesini lungo la costa erano deserti. Nonostante ciò la sensazione non era quella di desolazione; piuttosto si provava quel senso di intimità che si ha stando in un locale fino a tardi, quando ormai tutti i clienti se ne sono andati e i camerieri cominciano a rassettare in previsione della chiusura.
Spostandoci verso l’interno la situazione è cambiata. Nei paesini che non vivono di turismo, dove la routine quotidiana non ha stagionalità, i bar sono frequentati dalle prime ore della mattina. Davanti a tazze di caffè greco consumate nell’arco di ore, gli uomini chiacchierano e osservano attentamente quello che succede per strada, mentre le donne ondeggiano lungo i marciapiedi con buste cariche di spesa.
Di giovani se ne vedono pochi, veramente pochi, con tutta probabilità si sono spostati nei centri più grossi per studiare. Le principali attività sembrano ruotare attorno all’agricoltura: nell’area di Nemea il paesaggio è dominato da immensi vigneti (il vino prodotto da queste parti è molto apprezzato in Grecia), nei dintorni di Micene abbiamo pedalato per chilometri tra agrumeti, mentre, spostandoci più a sud, abbiamo visto principalmente oliveti e allevamenti ittici lungo la costa.
Oltre ai siti archeologici più famosi in quest’area, che meritano assolutamente una visita, la penisola di Methana è il posto che ci è rimasto più nel cuore. Si tratta di una penisola di origine vulcanica nel Golfo Saronico e conta circa 32 bocche vulcaniche, la cui ultima attività registrata risale al 1700 in corrispondenza di un vulcano marino, mentre la colata lavica di Kameni Chora, risalente al 230 a.C., è ancora ben visibile se ci si inerpica su per i pendii vulcanici.
Dopo una salita veramente impegnativa, l’unica in tutto il viaggio che ci ha costretto a spingere il tandem, si scende lungo una strada bellissima che corre lungo la costa frastagliata e dopo qualche chilometro un forte odore di zolfo anticipa di qualche curva l’ingresso al paesino di Methana e le sue sorgenti termali. Arriviamo nel centro di Methana verso le tre del pomeriggio, siamo affamati e felici di vedere che qualche ristorante è ancora aperto.
Scegliamo il ristorante in base alla vecchia e affidabile regola “mangia dove vedi mangiare la gente locale”, ci sediamo e subito siamo attorniati da una mandria di gatti di varie età e colorazioni. In Grecia i gatti randagi sono una costante, ma anche se parecchio magri e costantemente affamati, sono tutti sani e puliti, quindi mi sono subito dato da fare per scovare il più socievole del gruppo per fargli qualche grattino. Con gli stomaci pieni, ci sistemiamo in un affittacamere poco distante, facciamo una lavatrice e pianifichiamo la pedalata del giorno successivo.
Su consiglio di una conoscente greca abbiamo infatti deciso di fermarci a Methana un giorno in più; in questo modo abbiamo potuto lasciare i bagagli e affrontare le ripide salite dell’interno con il tandem scarico, le quali, nonostante ciò, hanno rappresentato una bella sfida. Nei primi 19 km copriamo 750 m di dislivello pedalando su stradine strette tutte curve che attraversano resti di colate vulcaniche risalenti a chissà quale epoca. La strada non smette mai di salire ma non ci annoia mai, si alternano tratti stretti tra picchi ripidi a parti più ampie con vista sul mare cristallino.
Una pedalata dopo l’altra, riusciamo ad arrivare al passo e ci buttiamo giù per una discesa ripida quanto la salita; dopo le prime curve usciamo dal fitto bosco di conifere a davanti a noi si apre una vista mozzafiato sul Golfo Saronico e sulle sue isole; in linea d’aria non siamo tanto distanti da Atene.
La strada scende giù velocemente e in un batter d’occhio siamo nuovamente al livello del mare. Ci dirigiamo verso sud est sulla strada costiera che in alcuni tratti è così vicina al mare che le onde raggiungono l’asfalto. Il grosso della salita ce la siamo lasciata alle spalle, ma per tornare al paese ci restano alcuni piccoli colli da superare.
Siamo effettivamente stanchi e affamati, ma l’atmosfera è magica: siamo soli sulla strada che corre lungo la scogliera, il mare increspato è di un blu elettrico e contrasta perfettamente con la terra rossa; Eolo si deve essere mosso a compassione e ci manda qualche folata di vento a favore che ci dà la spinta finale per tornare in paese.
Il nostro soggiorno a Methana si è concluso e il giorno successivo ci mettiamo per strada in direzione Corinto. Man mano che ci avviciniamo a Corinto, le strade si fanno più trafficate e caotiche: a Corinto infatti convergono le principali strade che dal Peloponneso raggiungono Atene. Avremmo potuto evitare questa tappa ma io volevo assolutamente vedere il Canale di cui avevo sentito tanto parlare. Visto di persona è effettivamente impressionante, ma è solo quando decollo con il drone per fare qualche ripresa che mi rendo conto della scala di quest’opera.
Il Canale di Corinto, lungo 6 km, taglia l’istmo di terra che collega il Peloponneso alla Grecia continentale e mette in comunicazione il mar Ionio e il mar Egeo evitando alle navi i 700 km necessari per circumnavigare il Peloponneso.
Solo di recente, a causa dell’aumento delle dimensioni delle navi cargo, il traffico commerciale si è ridotto notevolmente e gran parte del traffico è costituito dalle navi turistiche che attraversano il canale sfiorando le pareti che in alcuni punti raggiungo fino a 90 m di altezza.
La sera passeggiamo per Corinto; le palazzine sono semplici e non c’è traccia della grandiosa Grecia classica, tuttavia apprezziamo la socialità greca e l’atmosfera rilassata che si respira per strada: bambini che giocano a pallone, vai e vieni nei negozi di alimentari e i classici bar pieni di uomini che bevono caffè.
Non facciamo troppo tardi però, siamo stanchi e dobbiamo riposare perché il giorno seguente abbiamo deciso di andare a visitare Acrocorinto, ovviamente in tandem.
Acrocorinto, o Corinto alta, è l’acropoli della Corinto antica ed è situata su un blocco di roccia che domina l’istmo. La strada per arrivarci non è lunga, ma quasi tutto il dislivello si affronta negli ultimi 5 km, una vera sfida anche con il tandem scarico, ma dopo dieci giorni di pedalate le nostre gambe sono ben temprate e riusciamo ad arrivare in cima senza troppi problemi.
L’ingresso e la parte più consistente del sito archeologico si trova in realtà un centinaio di metri più in basso rispetto all’apice del colle, ma visto che abbiamo le gambe calde, decidiamo di farci questa ultima scarpinata e raggiungere i resti del tempio di Afrodite.
La vista una volta arrivati sulla cima è strepitosa, sotto di noi si vede Corinto, a destra il mar Egeo e a sinistra lo Ionio, e capisco perché, in un epoca dove ancora non si volava, una vista del genere suscitava una reverenza quasi divina.
Lungo la via del rientro ce la prendiamo comoda, ci fermiamo a mangiare qualcosa e pedaliamo lentamente sul lungomare di Corinto. Il sole sta tramontando e il nostro viaggio è giunto al termine. Il giorno dopo Flavia si sarebbe diretta ad Atene dove un volo l’avrebbe riportata a Salisburgo, mentre io avrei pedalato fino a Patrasso dove mi aspettava il traghetto per Ancona.
In tanti mi chiedono se sia difficile andare in tandem; io rispondo che dipende: alcuni aspetti, come l’equilibrio e la coordinazione, si rifiniscono con il tempo; ma la cosa fondamentale per poter viaggiare in tandem è una sola: avere la volontà di condividere.
Puoi seguire Mattia Orrù sul suo profilo Instagram e sul suo canale YouTube, Strade Secondarie.
Hai un viaggio che ci vuoi raccontare? Scrivici a redazione@bikepacking.it